La Nuova Costituzione

La nuova costituzione

Nel dopoguerra diventa di primo piano il problema del rapporto con la politica e del contributo che i cattolici possono dare alla nascente democrazia a cui i membri dell’AC erano stati formati nell’attività svolta, spesso tra molte difficoltà, durante il ventennio di dittatura fascista.

La Pira, Moro e Dossetti
La Pira, Moro e Dossetti

Nei lavori dell’Assemblea Costituente, da cui nasce la Costituzione che regge la nostra Repubblica, l’apporto dei membri provenienti dall’AC è di grande rilevanza.

Quegli anni richiedevano scelte difficili: se il passato era inaccettabile le prospettive future erano confuse e incerte.

In campo cattolico, davanti al nuovo Stato da costruire, si riproponevano dibattiti che ricordavano quelli di fine secolo o del primo dopoguerra.

Ancora una volta si contrapponevano una visione sospettosa dell’istituzione Stato, che aveva le sue lontane radici nel pensiero cattolico medioevale e nelle polemiche antiliberali degli intransigenti della seconda metà dell’ottocento, e la visione di coloro che, pur non sottovalutando i limiti dello Stato, intendevano lavorare per renderlo meno imperfetto, riconoscendo così implicitamente la sua necessità.

Schematizzando al massimo, si potrebbe dire che la prima posizione fosse propria di una cospicua parte della base cattolica, del clero e della gerarchia; la seconda dai responsabili della neonata Democrazia Cristiana e dai rami colti dell’Azione Cattolica (Fuci e Movimento Laureati), i quali ultimi, del resto, fornirono non pochi uomini e idee al nuovo partito cattolico.

Con una certa approssimazione si potrebbe anche dire che questa divisione era analoga, anche se non coincidente, a quella tra coloro che avevano completamente accettato i principi della democrazia e del pluralismo politico e sociale e coloro che invece tendevano a identificare il mondo cattolico con l’intera società italiana. Essi volevano che a succedere allo Stato totalitario fascista fosse un ipotetico Stato cattolico.