Il Contrasto col Fascismo

Il contrasto col fascismo (1931)

In quell’anno si acuirono i rapporti, già da alcuni anni tesi, tra Chiesa e regime fascista.

Già nel 1919 si registrarono violenze squadriste contro circoli ed esponenti cattolici dando vita a un clima di intimadazione che proseguì fino al 1924. Nel 1928 poi il governo fascista sciolse le organizzazioni scautistiche cattoliche ritenute incompatibili con l'”Opera Balilla”.
I rapporti tra Chiesa e Fascismo sembrarono farsi idilliaci nel 1929 con la firma del Concordato ma già con l’inizio del 1930 i contrasti si riaccesero sulla
questione dell’educazione dei giovani che Mussolini voleva affidata tutta allo Stato mentre il papa Pio XI rivendicava il diritto di educare della Chiesa contro il preteso monopolio statale.

Nella primavera del 1931 i dissidi riguardarono direttamente l’Azione Cattolica e lo scontro divenne frontale.

Il lavoro fascista
Il lavoro fascista

Ad una fitta campagna di stampa aspramente polemica contro l’AC, seguono devastazioni di sedi, percosse e minacce a singoli esponenti, fino allo scioglimento d’autorità (30 maggio), deciso dal regime nella persona di Mussolini, dei circoli dell’AC giovanile e della FUCI. L’AC veniva accusata di “fare politica” perché, specie nel lavoro sulla dottrina sociale della Chiesa, avrebbe accolto ex popolari.

Le autorità ecclesiastiche sul momento si limitarono a sospendere le processioni all’esterno delle chiese. Successivamente la decisa reazione del papa venne espressa nell’enciclica “Non abbiamo bisogno” resa nota il 29 giugno. Pio XI protestava “contro la campagna di false ed ingiuste accuse, che precedettero lo scioglimento delle associazioni giovanili ed universitarie di Azione Cattolica”. Inoltre denunciava il punto essenziale del conflitto: “ciò che si voleva fu strappare all’Azione Cattolica e per essa alla Chiesa, la gioventù”.

Dopo mesi di tensione e di trattative fu raggiunto un compromesso tra Chiesa e regime il 2 settembre e i circoli riaprirono a ottobre.

Si rese, però, necessario un ulteriore adeguamento statutario dell’AC, approvato da Pio XI il 30 dicembre.

L’AC viene dichiarata “apolitica” e affidata alla dipendenza esclusiva delle autorità ecclesiastiche. Viene limitato il livello nazionale accentuando invece il carattere diocesano.

Scompare infatti la Giunta Centrale trasformata in semplice Ufficio Centrale “costituito dalla Presidenza Generale, formata dall’Assistente ecclesiastico e dal Presidente Generale, entrambi di nomina pontificia”.

Si debbono sostituire i gloriosi stendardi delle singole associazioni con il tricolore.

Ma i conti con il regime fascista non erano terminati: nuovi contrasti e l’imminente guerra portarono a ulteriori modifiche agli statuti dell’AC.

L’11 febbraio 1929 vengono firmati i “Patti laternensi” tra Santa Sede e Regno d’Italia composti da un Trattato (con cui lo stato italiano e il nuovo stato della Città del Vaticano si riconoscevano reciprocamente) e da un Concordato (che regolava i rapporti in materia religiosa e civile).

La “conciliazione” poneva fine alla lunga questione romana e appariva vantaggiosa per la Santa Sede (Pio XI vedeva con un certo favore il nuovo regime che si ergeva a difesa del cattolicesimo contro la minaccia del comunismo ateo) e rappresentava un grande successo per Mussolini che riuscì ad allargare il proprio consenso presso l’opinione pubblica. E’ questo il periodo di massima popolarità del fascismo presso i cattolici.