Giuseppe Lazzati

Giuseppe Lazzati (1929-1986)

Nasce il 22 giugno 1909 a Milano dove compì i suoi studi.

Giuseppe Lazzati
Giuseppe Lazzati

Della sua adolescenza si hanno scarse notizie, se non della sua formazione religiosa e spirituale ricevuta presso un’associazione cattolica studentesca. Ultimato il liceo, Lazzati si iscrisse alla Facoltà di Lettere presso l’Università Cattolica del S.Cuore e nel ’31 si laureò in Letteratura cristiana antica.

Entrò nelle file dell’Azione Cattolica. Nel 1934 Lazzati era stato chiamato a coprire la carica di Presidente della Gioventù Cattolica milanese.

La scelta per la vita. Quegli anni servirono a Lazzati per decidere della sua vita. Dopo la laurea era rimasto presso l’Università Cattolica come assistente volontario Dopo un’esperienza nei “Missionari della Regalità di Cristo”, un’associazione di laici consacrati a Dio creata da padre Agostino Gemelli, intese un diverso modo di concepire la via laicale alla santità. Diede quindi vita a un suo ordine secolare chiamato “Milites Christi” collegato agli Oblati di san Carlo.

Professore. Dall’anno accademico 1938-39 Lazzati iniziò a insegnare presso la Cattolica e a svolgere quell’attività di professore universitario nella quale, nonostante le forzate interruzioni, avrebbe continuato a vedere realizzarsi la sua indole più profonda.

Il progetto politico. Nel ’40, di fronte all’ormai prossima entrata in guerra dell’Italia, i professori della Cattolica iniziarono a studiare quello che avrebbe dovuto essere l’atteggiamento dei cattolici. Importanti furono gli incontri che un gruppetto di docenti prese a tenere in casa del prof. Padovani: tra essi Lazzati, Fanfani, Dossetti, don Carlo Colombo, Bontadini, Vanni-Rovighi e saltuariamente La Pira. Si discusse non soltanto l’entrata in guerra dell’Italia, ma più in generale la crisi della civiltà occidentale e i possibili sbocchi della situazione politica italiana. Emerse l’urgenza di mettere a punto un progetto culturale e politico volto a favorire l’instaurazione di uno Stato democratico e l’inserimento nella vita politica del paese delle grandi masse popolari.

Il campo di concentramento. L’indomani dell’8 settembre 1943 Lazzati, che vestiva la divisa di ufficiale degli alpini, venne fatto prigioniero dai Tedeschi e inviato in un campo di concentramento della Polonia dove rimase per circa due anni rifiutando, in quanto militare, di poter rientrare in patria a patto di aderire alla Repubblica di Salò.

Il campo di concentramento costituì per Lazzati una delle esperienze più dolorose, non tanto per la progionia e i patimenti fisici, quanto piuttosto per l’amarezza che gli procurò lo spettacolo dell’abbrutimento a cui poteva ridursi l’uomo. L’on. Natta [esponente di spicco del Partito Comunista degli anni ’80], che allora condivise con Lazzati quella triste esperienza, ha ricordato il generoso sostegno morale con cui, insieme con gli altri, il docente della Cattolica sollecitava i compagni a recuperare ideali e speranze.

L’Assemblea Costituente. Nel 1946, all’indomani della guerra, Lazzati incontrava la politica attiva: orima divenne consigliere del Comune di Milano, poi in giugno fu eletto all’Assemblea Costituente.
A dire il vero, l’impegno diretto in politica non lo entusiasmava perché riteneva che in quel momento fosse più urgente dedicarsi alla formazione della coscienza politica dei cattolici.

Alla fine, sciolte le sue riserve, Lazzati abbracciò la nuova responsabilità con il consueto rigore e nel ’48, ultimata l’esperienza alla Costituente, si presentò nelle file della D.C. e venne eletto deputato al Parlamento nelle fila della DC.

I cristiani e la politica. Importante il lavoro di riflessione culturale che Lazzati compie col gruppo dossettiano, dapprima con l’associazione “Civitas humana” e poi con la rivista “Cronache sociali”, promosse per dare al partito una maggiore connotazione democratico-cristiana e una più netta collocazione a fianco dei lavoratori.

Scrisse articoli sul rapporto tra cristianesimo e politica, tema alla fine degli anni Quaranta divenuto particolarmente vivo, dopo che l’Azione Cattolica, sotto la spinta di Gedda, si apprestava ad una mobilitazione nel politico finalizzata alla restaurazione cristiana della società.

Sulla scia di Maritain, Lazzati affermava l’improponibilità del progetto medievale di cristianità. Distinti il piano naturale-politico e quello soprannaturale-religioso, bisognava assumere diversi atteggiamenti secondo il piano in cui si operava. In politica il cristiano, se non poteva intervenire “in quanto cristiano”, era comunque tenuto a comportarsi “da cristiano”.

Per molti queste idee furono liberatrici ma andavano contro la mentalità prevalente dei vertici dell’Azione Cattolica e della gerarchia ecclesiastica presso i quali non pochi, insoddisfatti del lealismo laico di De Gasperi, volevano una DC più esplicitamente dipendente dalla Chiesa.

Nel Movimento Laureati. Nel ’53 Lazzati, ultimato il mandato parlamentare decise di non ricandidarsi e tornò all’insegnamento universitario. Nel 1956 Lazzati fu nominato dall’Arcivescovo di Milano mons. Montini Presidente del Movimento Laureati di Milano, organizzazione che era peraltro in sintonia con le sue idee.

Giornalista. Nel ’61 Lazzati fu sollecitato ad assumere la direzione del quotidiano cattolico “L’Italia” che, sia pure con molte perplessità, accettò e assicurò fino al 1964. La nomina era il più esplicito segno della stima e della fiducia che Montini mostrò di nutrire per Lazzati non solo per la dirittura e la lealtà dell’uomo ma anche per le tante consonanze di idee.

La svolta del Concilio. Il Concilio Vaticano II fu vissuto da Lazzati con partecipazione carica di attese, in particolare per quello che avrebbe detto intorno al problema del posto e della funzione dei laici.
Nel 1964 egli era stato, intanto, chiamato alla presidenza dell’Azione Cattolica ambrosiana. Rispetto ai tempi di Gedda le linee dell’AC andavano mutando e ora Lazzati guardava con simpatia e condivisione d’intenti al nuovo gruppo dirigente guidato da Vittorio Bachelet.

Durante la sua presidenza, Lazzati prese posizione circa gli sviluppi di Gioventù Studentesca, il movimento creato da don Giussani. Quell’esperienza, prima spontanea poi inserita nelle strutture dell’AC diocesana, finì con il creare non poche tensioni poiché cercava di proporsi come unico movimento totale di vita cristiana. Nell’interpretare tali disagi, Lazzati denunciò l’operazione mettendo in risalto gli aspetti d’integrismo delle tesi di Gioventù Studentesca.

Rettore dell’Università Cattolica. Nel 1965 Lazzati era stato eletto Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e poi, nel luglio del ’68, fu chiamato come nuovo rettore dell’Università Cattolica (lo sarà fini al 1983).

Proprio in quei mesi la Cattolica era investita da una violenta contestazione studentesca. In molti ambienti cattolici c’era sconcerto perché non si spiegavano come i sommovimenti avessero potuto raggiungere persino l’Università di Gemelli. Prima preoccupazione di Lazzati fu quella di riassorbire la contestazione anche a costo di qualche doloroso allontanamento di alcuni studenti dalluniversità.

Lazzati si rendeva conto che, al di là dei problemi dell’università, la rivolta studentesca conteneva motivi meritevoli di attenzione, soprattutto laddove, allargando il discorso alle strutture della società, quei giovani non volevano essere ridotti all’esclusiva dimensione del consumismo; egli riteneva però che occorresse passare alla via del dialogo e non della violenza.

Riassorbita la contestazione, Lazzati operò affinché l’Università tornasse ad assolvere alla sua funzione di centro vivo di cultura e di formazione. In tal senso è da vedere il rilancio dell’annuale “corso di aggiornamento” e della rivista culturale “Vita e Pensiero”.

S.Salvatore. Quando poteva liberarsi dai molteplici e non facili impegni, Lazzati continuava la sua attività di formazione culturale e religiosa soprattutto in mezzo ai giovani: ricordiamo gli incontri che ogni mese teneva teneva all’Eremo di San Salvatore sopra Erba per i “corsi vocazionali” con i quali cercava di aiutare chi si accingeva a compiere le scelte fondamentali della vita.

Al servizio della Chiesa. Nel 1976 egli fu chiamato dai responsabili della Conferenza Episcopale Italiana a contribuire alla preparazione e allo svolgimento del convegno “Evangelizzazione e promozione umana”.

Nella sua analisi della situazione religiosa, culturale e politica evidenziò il grave ritardo della coscienza dei laici cristiani rispetto alle responsabilità che essi avevano quali membri della Chiesa e della comunità politica a causa della separazione tra fede e vita, provocata anche dal peso di un’ecclesiologia che, nonostante il Concilio, continuava a utilizzare la visione di una Chiesa eminentemente gerarchica e clericale.

Negli anni ’80 sono da ricordare alune pubblicazioni (La città dell’uomo, Laicità e impegno cristiano nelle realtà temporali, Per una nuova maturità del laicato) in cui, rilevato come, a ormai vent’anni di distanza, alcune intuizioni fondamentali del Concilio restassero ancora disattese, riproponeva molte delle idee sostenute fin dagli anni Quaranta ripensate e rielaborate nel nuovo quadro culturale caratterizzato da un più marcato pluralismo ideologico e da una più diffusa secolarizzazione.

Citta dell’uomo. Negli ultimi tempi Lazzati richiamò l’attenzione sulla presenza dei fedeli laici in politica. Secondo lui, se nella D.C. era prevalsa una tendenza volta alla pura gestione del potere, ciò era in gran parte da addebitare al fatto che la comunità cristiana non si era data cura di formare, per tempo, i fedeli alla responsabilità civile e politica.

In questo contesto nel 1985, Lazzati sollecitava alcuni amici a fondare, con lui, l’associazione “Città dell’uomo”, titolo ispirato alla “Civitas humana” di dossettiana memoria, e che avrebbe dovuto cercare di aiutare la crescita culturale e politica dei cattolici.

Lazzati concludeva la sua vita il 18 maggio 1986 all’alba della domenica di Pentecoste.

“Noi siamo la Chiesa. Il nostro linguaggio si abitui a non definire Chiesa la sola gerarchia della Chiesa. Chiesa non sono soltanto il Papa, i vescovi, i sacerdoti, siamo anche noi come battezzati.

Bisogna far sentire l’unità della Chiesa e la responsabilità dei laici. Non più laici passivi, ma coscienti dei loro diritti e doveri. La funzione dell’Azione Cattolica è in questo.

E questo è proprio il beneficio che ha la vostra organizzazione, la nostra organizzazione dell’ACI. Questo: di fondere, di essere legata direttamente sul tronco così vicino alla Gerarchia, cosi vicino a Cristo.”